Piccoli gesti.

Quando vivi da sola all’estero, lontana dalla famiglia, senti di aver ottenuto finalmente la tua indipendenza e di poter fare tutto da sola. Ti circondi di nuovi amici, gente che proviene da ogni parte del mondo e le persone con cui convivi, dipende dalle circostanze, diventano la tua famiglia o rimangono dei perfetti estranei. Poi capitano quei giorni, quando hai la febbre alta o delle coliche addominali così forti da non poterti nemmeno alzare dal letto e pensi: “Oh cacchio, ora si che vorrei non essere sola” e allora a fatica, senza neanche alzare la testa dal cuscino, ti togli il pigiama per metterti qualcosa di più decente (riuscendo anche a scartare tra la montagna di vestiti accatastati sul letto quelli che puzzano di crepe e waffle) in modo che se dovessi sentirti peggio sei già pronta per auto accompagnarti in ospedale con un taxi. E all’interno di una casa vuota, nella quale non c’è una mamma a prendersi cura di te e se vuoi un tè caldo per cercare di riprenderti devi alzare il culo e andartelo a fare da sola, ecco che arrivano dei piccoli, grandi gesti che ti fanno capire che in un modo o nell’altro sola non sei. E se alcuni un po’ te li aspetti, come la meravigliosa consapevolezza che se dovessi peggiorare, il ragazzo che frequenti è disposto a mollare il lavoro per venirti ad aiutare, altri, come quando la tua collega che conosci da poco più di due mesi ti contatta 3 volte nel giro di cinque ore per sapere se va tutto bene o il tuo manager che ti chiama per sapere come stai e per dirti che se hai bisogno di medicinali o qualcos’altro “non azzardarti ad uscire di casa, te li faccio avere io”, sono totalmente inaspettati.
Mi sono sempre lamentata del fatto che mi affeziono troppo velocemente a persone o cose e che a volte, se si sa già in partenza che una determinata situazione è solo passeggera, non vale la pena investirci le emozioni. Oggi non riesco a pensare che ci possa essere qualcosa di più stupido. La gente che incontri va e viene, a volte versi lacrime pensando di non poter lasciare tutto ciò per poi scoprire più avanti che invece puoi vivere tranquillamente anche senza; ma a prescindere da tutto non penso ci sia cosa più bella del potersi sperimentare insieme ad altre persone e cercare di dare e prendere il meglio di sé e dagli altri e poi lasciare andare. Le stesse persone che oggi si sono preoccupate per me potrebbero decidere di tornarsene a casa nel loro rispettivo paese il mese prossimo o io potrei decidere di cambiare città tra due mesi, ciò non sminuisce il fatto che oggi mi sono state vicine e che molto probabilmente mi ricorderò di loro per sempre perché, anche se per un breve periodo, hanno fatto parte della mia vita, a volte anche in maniera più intensa di chi invece ti è amico da anni. E di fronte a gesti gentili, totalmente gratuiti, mi chiedo come sia possibile che a volte la gente si lasci sopraffare dall’orgoglio e pur di “non mostrarsi debole” con l’altro, non si chiede scusa, non si fa pace, non si recuperano rapporti che potrebbe valer la pena vivere, non ci si parla per anni… mi auguro che ci possano essere sempre più “ehi come stai?” sinceri, che “non lo/a contatterò mai io per prima” urlati dall’orgoglio.


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